Quest’estate ho letto “Il fuoco invisibile” di Daniele Rielli, un libro che fin dalla sua uscita prometteva bene perché si annunciava come una storia della vicenda Xylella nel Salento.
Chi si ricorda com’era il Salento prima e cosa sia diventato adesso sa quanto l’escalation dei colori dal verde argenteo al grigio polvere sia stata rapida, dolorosa e difficile da accettare.
Eppure l’abbiamo dovuta ingoiare insieme ai tanti turisti che hanno assaltato questa terra specie negli anni del covid (quando andare in Grecia era più complicato) ,senza fare un plissé.
L’hanno accettata, sono arrivati comunque numerosi e chissà se si sono fatti domande sui rami e sulle chiome grigie.
Ne parlavamo esattamente l’estate scorsa con un gruppo di amici e ci chiedevamo quanto sia stato potente il marketing del Salento al punto da non veder decrescere i flussi nonostante l’imperare della Xylella.
Ciò detto, ed è un detto non da poco…passiamo all’annosa vicenda.
Il libro di Rielli riesce ad inquadrarla sia in alcuni aspetti tecnici e sia con il pregio di trasformarne alcuni protagonisti in personaggi che negli anni più cruciali passano dalle stelle alle stalle (e viceversa) delle cronache locali, in quanto testimoni attivi di passaggi fastidiosi e impopolari della vicenda.
Come forse qualcuno ricorderà, essa finisce anche nelle aule di tribunale poiché la Procura di Lecce tentò di bloccare il taglio degli alberi contaminati sequestrandoli.
Perché vi parlo di questa storia?
Perché ricca e paradigmatica di informazioni su comportamenti e reazioni emotive che possono insegnarci qualcosa.
- l’attaccamento alla terra è potente, in questo caso agli alberi, che diventano un pezzo del proprio sé in quanto antichi e ricchi di sapore e valore (anche economico). Questo riunisce persone che nella lotta contro l’eradicazione si riconoscono e genera sostenitori anche provenienti dal mondo dello star system (per dirla all’americana).
E allora io rifletto sui comportamenti, sulla capacità di generare follower se professi il verbo del Contro invece che il verbo del Pro. Le persone si uniscono nella lotta contro qualcosa e non riescono ad unirsi con la stessa pervicacia nella lotta Per qualcosa. Questa è una lezione che mi fu chiara fin dagli anni 90 nell’ assistere alle prime barricate contro l’ampliamento dell’autostrada firenze-bologna in seno ad una nota associazione ambientalista e che non ho mai dimenticato.
- l’ulivo vive grazie al rapporto con l’uomo. È la cura dell’uomo che rende forte e valoroso l’albero, foreste di olivastri (ulilvi selvatici) non esistono dice uno dei protagonisti del libro. Ecco che probabilmente questo spiega e rafforza quell’attaccamento quasi sentimentale a questi alberi da parte di chi possiede e gestisce queste terre
- questo rapporto di amore e rispetto e cura è tuttavia anche la causa che probabilmente ha impedito a tanti di riconoscere la necessità dell’eradicazione fin da subito. I rimedi antichi sperimentati e proposti da santoni anche improvvisati hanno attecchito perché hanno fatto presa sul bias della conferma. Pericolosissimo perché chi lo esercita su stesso riesce a convincersi della bontà di un proprio ragionamento a dispetto di scienza e razionalità. Quando entra in gioco il bias della conferma non esiste ragione che tenga…e ciò, unito a disperazione e ignoranza fa il resto.
Cosa aggiungere?
La vicenda Xylella è complessa (meriterebbe un film) ma non dissimile in alcuni tratti fondamentali da tante storie che si consumano ogni giorno, con conseguenze più o meno rilevanti, che puniscono i virtuosi ed esaltano quelli capaci di far sentire più alta la propria voce, spinti da motivazioni economiche, ignoranza e negazione della realtà (un hobby molto in voga)
Leggere questo libro può aiutarci a fare attenzione, a sperare che non capiti a noi di finire in un frullatore del genere, ad insegnarci che la comunità scientifica non si riunisce e non esprime pareri a caso.
A noi la facoltà di coglierli e comportarci di conseguenza.
Foto di Edward Burtansky da mostra Xylella Studies