Ne è passata un’altra, a mio avviso meno faticosa rispetto a quella del 2022 ma che si è lasciata odiare a sufficienza in alcuni giorni, come è spesso accaduto in questi ultimi anni.
L’anno scorso ho dato fiato ai miei lamenti affermando che per me l’estate è diventata la stagione più pestifera dell’anno….dopo decenni di idillio all’insegna di libertà, vestiti leggeri, mare e spensieratezza.
La ragione è semplice: il caldo è meno sopportabile e io meno tollerante rispetto al passato.
Risultato: cresce l’industria del freddo.
Chi produce freddo è oramai come chi produce bare.
Non conosce crisi.
Ma noi, per proteggerci dal caldo, ci facciamo qualche domanda prima di accendere l’aria condizionata?
Forse nessuna!
Eppure il suo funzionamento si basa su un principio terribilmente egoistico (e poco green) visto che estromette aria calda a danno dei più per produrre fresco a vantaggio di un singolo/i.
E così durante l’estate 2023 incrocio due mostre sul tema clima e meteo; entrambe a Venezia e che mi hanno fatto riflettere su quanto sia diventato quasi totalmente agnostico usarla.
La prima mostra in fondazione Prada “Everybody talks about the wheater”, curata da Dieter Roelstraete visitabile fino al 26 novembre, espone foto, mappe, disegni, dipinti, installazioni e immagini di performance che parlano del tempo meteorologico con linguaggi differenti. E con anche tante riproduzioni di famosi quadri del passato che hanno permesso a studiosi del paesaggio e climatologi di capire quanto e come il clima sia cambiato osservando proprio i luoghi raffigurati. Quanto cioè vallate, montagne, canali, e pezzi di mare siano fruibili in virtù della loro (in)capacità a ricoprirsi di neve o ghiaccio (Questo è uno spunto che diversi anni fa già mi arrivò grazie ad uno spettacolo teatrale che mi affascinò tantissimo). “Everybody talks about the wheater” ci dice che l’arte contemporanea è pronta e fin dalla seconda metà del 900 alcuni suoi pionieri hanno iniziato ad osservare fenomeni meteorologici tradotti in arte visiva. Oggi la sensibilità della comunità artistica è ancor più matura ed è quindi un campo di gioco fertile per sensibilizzare qualsiasi tipo di pubblico riesca ad accostarsi.
La seconda mostra si chiama The cooling solution in Ca’ Foscari.
È un viaggio tra esagerazioni e disuguaglianze, idee, piccole soluzioni fai da te e anche facili click: una produzione originalissima, curata da Enrica De Cian che coniuga foto di Gaia Squarci, e una montagna di dati e grafici, elaborati in cooperazione con tanti partner, in grado di restituirci il nostro rapporto con l’aria condizionata e il nostro crescente ricorrere ad essa. E qui ho letto che l’Agenzia Internazionale per l’Ambiente, nel rapporto “The Future of Cooling” del 2018, dice che “nei prossimi 30 anni verranno vendute 10 nuove unità di condizionamento ogni secondo, portando il numero di unità di raffreddamento installate a livello globale a 5,6 miliardi entro il 2050”.
Questo è lo scenario nel quale già siamo immersi.
E i ricchissimi dati in mostra sono inquietanti poiché fanno pensare anche a quanto l’esistenza dell’aria condizionata nella nostra vita diventerà sempre più un indicatore delle disuguaglianze tra ricchi e poveri nel mondo.
Siamo privilegiati noi nel potercela permettere (io per coerenza ho detto NO) ma la cosa più grave è che la consideriamo un optional scontato e irrinunciabile. Come l’autoradio in auto.
Questo è troppo.
Dovremmo usarla in modo meno agnostico, dovremmo avere il coraggio di farci delle domande prima dell’inesorabile click e chiederci quanti piccoli o grandi accorgimenti possiamo agire prima.
Questo, secondo me, è un immenso tema da nudge design, cioè immaginare delle spinte gentili capaci di aiutarci a comportarci meglio invece che pensare a divieti o tasse come unica soluzione (in questo caso peraltro impossibile o quasi).
Preferiamo arrivare ad un orizzonte distopico in cui ognuno di noi disporrà in un anno di un certo numero di Kwh, dopo il quale pagheremo cifre impensabili?
Come il meccanismo degli Emission Trading System (ETS) che vede lievitare il costo di compensazione della CO2 emessa con ovvio mal di pancia dei comparti industriali obbligati?
Please, fermiamoci Prima.
in cover foto di Gaia Squarci
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