Quando iniziai ad occuparmi di come ridurre sprechi e rifiuti (fine anni 90), di cibo non se ne parlava quasi mai.
Le migliori battaglie si combattevano contro gli imballaggi e conseguenti rifiuti: erano l’origine di ogni male.
Poi nel 2003 la legge del Buon samaritano iniziò ad aprirci gli occhi su un universo nuovo (rispetto agli imballaggi) di beni da ridestinare, in particolare il cibo. E dovemmo aspettare 13 anni per vedere il debutto della legge Gadda che ancor meglio ha disegnato i contesti e le regole perché ciò avvenisse.
Lo spreco di cibo
Ha occupato pagine di giornali e di dibattiti per anni perché ad un certo punto abbiamo scoperto che, per distrazione, inefficienze gestionali, cattiva informazione, pigrizia ecc (e non aggiungo altro), ne gettiamo quantità considerevoli sia a monte della filiera (nei campi) che in fase di distribuzione e infine a valle (cioè nei ristoranti, nelle mense e nelle case).
Il dilemma per chi si occupava di prevenzione rifiuti era quindi come sprecarne meno.
Questo richiede innanzitutto definizione del contesto in cui intervenire: prevenire spreco nei campi è cosa molto diversa che farlo nelle case, agendo per esempio sui frigoriferi (il grande principio organizzatore delle nostre esistenze).
Di questo (e non solo) io e i miei compagni di viaggio su questi argomenti (Valentina Cipriano e Mario Santi) ci interrogavamo venti anni fa perché alla ricerca di spunti e best practice da diffondere e mettere in rete. Da lì nacquero le Linee guida sulla prevenzione rifiuti, a cura di Federambiente e Osservatorio Nazionale Rifiuti in seno al ministero dell’Ambiente, ricche di azioni virtuose scalabili.
A quel tempo uno dei partner più interessanti e innovativi su questo argomento era Risteco che elaborò dei quaderni di approfondimento strategico/funzionale per gestori di mense pubbliche e private.
E una delle idee che ci apparivano più interessanti per ridurre gli avanzi di cibo specie nelle mense scolastiche era migliorarne qualità ed estetica.
Semplice vero?
Perché a dirlo così, in logica consequenziale sembra facilissimo da pensare e realizzare.
E invece non andò così. Eravamo un po’ troppo in anticipo e quindi fu impossibile trovare un contesto disposto a provarci.
Eppure questo è un nudge il cui fine è fare in modo che il target (i bambini) abbandoni meno cibo nei piatti.
Quindi il comportamento obiettivo è chiarissimo.
E noi eravamo certi dell’importanza di migliorare qualità di contenuto e di contenitore (bontà e bellezza) dell’item cibo, senza divieti e sanzioni, ma usando un tipico ingrediente di redesign di prodotto che agisce sul bias della salienza e del cosiddetto framing.
Ebbene dopo quasi vent’anni scopro pochi mesi fa che qualcuno ci sta provando.
È il comune di Castelfranco Emilia che in accordo con Camst ha ingaggiato lo chef stellato Luca Marchini per ridisegnare il menu scolastico.
L’operazione è molto intelligente (e anche ben spiegata) e non lascia nulla al caso combinando più obiettivi, uno dei quali è anche la riduzione di cibo nei piatti.
C’è attenzione ai principi nutrizionali, alla forma del cibo, ai suoi colori, ai mix del gusto, ai costi, alle tipicità del territorio, all’educazione alimentare.
Insomma un progetto che guarda il tema cibo e qualità da tanti punti di vista, iniziato già un anno fa (gennaio 22) e che si chiude a giugno 2023 (18 mesi) con la restituzione di due menù scolastici stellati (invernale ed estivo) che entreranno a far parte delle abitudini alimentari.
Io sono già curiosa di sapere come evolverà e anche quanto cibo in meno verrà buttato per cui spero davvero di tornare a raccontarvi gli esiti tra un po’ di mesi.
Una Nota per gli amici del nudge: nudge e prevenzione spreco di cibo è un matrimonio frequente. Tornerò a scriverne…