Portare le persone a bordo.
Una delle attività più faticose da fare con successo quando si attivano processi che vogliono essere partecipati e quindi partecipativi.
E pensare che questo è uno degli aggettivi più ricorrenti del presente quando si leggono bandi o progetti di attivazione della società civile.
Possiamo definirlo un MUST del momento?
Diciamo, senza polemiche, che è un’attività irrinunciabile per chi vuole fare stakeholder engagement e poi anche costruire una Corporate Social Responsability su misura.
Il tutto mi sembra sano, legittimo, doveroso…specie se fatto senza inciampi, scorciatoie e basato su un ascolto vero e su risposte che poi traducono degnamente le esigenze invocate.
Questa premessa è il link con la mostra di JR inaugurata il 9 febbraio alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo a Torino.
Una mostra che ha fatto parlare di sé ancor prima di debuttare anche perché è la sua prima esposizione in Italia.
Una mostra che, per tutti coloro che l’hanno vista e ne hanno scritto, si prefigura come un omaggio all’emozione.
Potevo perdermela? Jamais! Ma chi è JR?
È uno che ha vissuto nella banlieu parigina e un giorno casualmente trova una macchina fotografica dimenticata o perduta, inizia ad usarla ed essa diventa il suo mezzo più potente per raccontare i dimenticati.
Fotografa persone che vivono in una condizione di guerra, di disagio, di diritti violati, di giustizia assente. Potremmo definirlo un fotografo? Forse. Ma nel suo caso la fotografia non è un traguardo bensì un mezzo. A lui interessa connettere persone a cui restituire identità.
Le sue fotografie sono stampate in grandissime dimensioni su supporti diversi: le pareti di un container che poi sommate tra loro diventano la fiancata di una nave cargo, sull’ asfalto cittadino di una piazza (Flatiron Plaza a new York nel 2015), sul muro di un edificio.
La serie Déplacé∙e∙s in mostra a Torino intende mettere insieme (attraverso foto giganti su tela) bambini che non giocheranno mai insieme, perché in luoghi diversissimi tra loro, ma le sue tele li accostano in un girotondo di bellezza e stupore.
Quando iniziò ad animare le sue immense tele, per assenza di colla, decise di coinvolgere le persone e trasformarle, attraverso un gioco collettivo, nella colla che non aveva. Riuscì così a costruire un’opera corale di commovente impatto.
Ebbene sì. I suoi video e le sue immagini ti incollano alla meraviglia che esprime.
E adesso torno al mio incipit: Portare le persone a bordo.
JR ci insegna che l’arte è uno strumento capace di fare anche questo.
Non è facile mutuare questo stile e questa sintassi, se non sei JR, nelle nostre periferie spesso fragili. Per cui non voglio banalizzare nulla, né profetizzare dei “copia e incolla” ma solo sperare che qualcuno possa immaginare di usare l’arte per connettere le persone in cerca di un vivere migliore.
Il recente coraggioso bando di Compagnia di Sanpaolo Re:azioni chiede per esempio progetti di citizen engagement anche ispirati al nudge.
E allora chissà!!
Magari questa mostra, proprio su quel territorio, riesce ad ispirare idee diverse per il presente e anche per il futuro, per coloro che aderiranno a bandi con simili finalità prossimamente.
Avete sicuramente capito che il lavoro di JR è anche nudge! Se non lo avete capito scrivetemi…