Quest’anno nel consueto workshop di nudge design in Iuav Vicenza, grazie a Laura Badalucco, uno dei temi assegnato alle studentesse ha riguardato proprio il packaging.
Prodotto dalle innumerevoli vite e che mai smette di reinventarsi alla luce di obblighi, divieti, innovazioni ed esigenze di mercato.
Devo questo spunto ad un recente scambio di punti di vista con Francesca Faraon, Product Manager Environmental & Packaging in Mérieux NutriSciences Italia.
Francesca infatti mi ha sollecitato una riflessione sulla necessità di un po’ di sano behavioral design quando si progettano imballaggi che richiedono una facile separabilità tra carta e plastica e quindi coerenti con il metodo Aticelca 502. Esso misura proprio la separabilità agile e con il solo uso delle mani della plastica dalla carta. D’altronde è noto che la plastica riveste un ruolo importante e poco ovviabile nel rendere impermeabili o oleorepellenti packaging che devono contenere cibi fluidi o grassi, mostrare il contenuto, fare da «effetto barriera» all’aria e garantire una shelf life più lunga al prodotto contenuto.
Il gesto della separazione
Le riflessioni maturate insieme ci hanno portato a pensare che il gesto della separazione va aiutato affinché generi anche Soddisfazione, cioè compiacimento e induzione a ripeterlo, sia intuitivo e agile, senza necessariamente doverlo comunicare.
Quest’ultimo è un punto dolens visto che l’overdose di informazioni che affollano il packaging impone una dieta di parole.
Abbiamo così esposto questo stimolo progettuale alle studentesse del corso in circular design invitandole a pensare soluzioni in grado di soddisfare questo obiettivo dando loro prima informazioni specifiche su cosa sono i nudge, come e perché funzionano, cassetta degli attrezzi e metodologia di approccio.
La risposta delle studentesse
Divise in gruppi hanno prodotto 4 risultati:
Milena Brea e Anna Fusillo hanno lavorato su un astuccio finestrato contenente singoli cioccolatini e che all’interno ha una linguetta sulla finestra di plastica per facilitare la sua separazione. Con la speranza che il consumatore guardi all’interno dell’astuccio prima di buttarlo, schiacciandolo con le mani, senza pensarci.
Andrea Grazia Taliento e Paola Dalla Rovere hanno immaginato una scatola con finestra ma tratteggiata sul suo perimetro con un preforato che invita esplicitamente alla separazione senza parole aggiuntive. Il preforato è un’ottima soluzione in grado di agire sul nostro cervello senza uso di scrittura.
Chiara Ponso e Néla Mariani hanno pensato una soluzione molto giocosa che chiede al consumatore della confezione finestrata della pasta di separare la plastica dalla carta con un messaggio che si svela via via che la pasta si consuma. Il che evita l’inserimento di un messaggio sul fronte o sul retro del pack. In questo caso però la separazione deve poter avvenire con le mani e non con le forbici.
Infine Valentina Milan e Marta Pellizzari hanno immaginato un box di cioccolatini, singolarmente confezionati, che prevede un gesto semplice di separazione della finestra in plastica sulla faccia superiore (aiutato da un triangolo colorato) tale da rendere a quel punto quel box il medesimo contenitore/ciotola da cui pescare i singoli cioccolatini.
E così una volta separata la plastica, quel box resta una ciotola che svolge un servizio.
Il mio preferito?
Difficile dirlo perché sono tutti sensati. E per esser il frutto di un breve workshop…. chapeau a tutte.
Il primo deve affidarsi all’attenzione dell’utente, il terzo deve rinunciare all’uso delle forbici perché diversamente è fuori standard Aticelca.
Il quarto sembra privo di difetti. Il secondo è minimal ed io amo il minimal.