Un convegno in Bocconi, coordinato da Edoardo Croci, lo scorso 19 maggio è stata l’occasione per parlare di cambiamenti climatici e comportamenti.
Riusciamo ad attivarci coerentemente rispetto a paure, conoscenze, percezione del rischio, ecc dati dal caos climatico?
Ipsos che ha condotto indagini a riguardo, come si può vedere nella slide, ci ricorda che noi italiani, rispetto ad altri paesi appariamo più propensi della media a cambiare i nostri comportamenti rilevanti, dal punto di vista ambientale.
Ma i profili comportamentali individuati a livello mondiale vedono ancora un 19% di negazionisti, un 17% di attivisti, un 29% di pragmatici, e un’area grigia, sicuramente interessante, di collaboratori critici da aiutare (19%) e scettici (16%).
La consapevolezza può bastare?
Sappiamo già che essere consapevoli o essere a conoscenza di un dato o di un problema aiuta ma non necessariamente fa la differenza sui comportamenti attivi.
Non basta quindi sapere che i cambiamenti climatici sono una minaccia reale per aiutarci ad usare meno l’auto privata o mangiare meno carne rossa. E qui si apre un immenso capitolo su cosa serve per trasformare le informazioni in emozioni e quindi cosa serve per far diventare l’apprendimento cognitivo un apprendimento emotivo ed esperienziale.
È un tema che affronto nelle mie lezioni e presto in questa rubrica vi racconterò un percorso educativo (di cui sono co-autore) che agisce in tale solco.
Ma ora voglio invece parlarvi di un intervento che affronta questo tema e tra gli altri, peraltro tutti attagliatissimi al topic, mi ha colpito per la profondità dell’analisi. L’autrice è Anna Castiglione Ricercatrice in Psicologia Climatica in Aronlab, Università della California, San Diego.
La Castiglione intanto distingue l’azione climatica in individuale ma anche collettiva, il che vuol dire che il nostro passare ai fatti può anche essere interpretato come un partecipare a eventi e iniziative di comunità, reti comuni, diventarne leader e informare gli altri. Non conta solo ciò che fai nel tuo cerchio ristretto.
Poi Anna Castiglione ci parla della differenza tra sapere e fare: sapere che esiste un problema, peraltro da noi creato, che i rischi sono alti e che si può ancora fare qualcosa non necessariamente attiva l’azione.
Perché esiste questa distanza?
La ricercatrice ci elenca così un insieme di ipotesi; per es. ci dice che esiste il problema dell’astrazione: cioè i cambiamenti climatici vengono ancora percepiti come una minaccia astratta e globale. Questo non aiuta ad attivare comportamenti nel locale. La percezione dell’importanza del locale si perde rispetto alla vastità del globale.
Poi c’è il problema dell’urgenza che tale viene dichiarata salvo poi dire che abbiamo 10 anni a disposizione…e questo è sufficiente per attivare il bias che ci porta a scegliere i benefici immediati e non esser capaci di rinunciare ai vantaggi del presente, rimandando sine die le rinunce necessarie.
Poi c’è il problema dell’ intangibilità della soluzione: siccome dobbiamo cambiare tutto o quasi nel nostro modo di stare al mondo, veniamo emotivamente sopraffatti.
A ciò si aggiunge il fenomeno del free riding: se sappiamo che qualcuno fa qualcosa allora meglio per noi, perché se ne occuperà qualcun altro di salvare il mondo.
Poi esistono i TRIGGER cioè l’innescarsi di un coinvolgimento emotivo che alimenta paura, incazzatura, tristezza, senso di colpa, compassione. Questo mix esplosivo genera anche paralisi (detta anche ansia climatica)
Ma in questo caso l’efficacia gioca la sua parte: se io penso di poter fare qualcosa che dipende da me e se penso di avere le competenze per agire, la paura + competenza = AZIONE
Quindi se penso di essere capace, efficace non finisco nella trappola del free riding
Anna Castiglione ci ricorda anche quanto la norma sociale rivesta un peso nelle azioni che si compiono: cosa pensano le persone che ci interessano? perché se ci sentiamo social influencer il feedback degli altri conta eccome.
E poi il peso delle convinzioni personali che però ci rendono anche vittime di dissonanze cognitive: uso la macchina ma so che è sbagliato, quindi o cambio ciò che faccio o cambio ciò in cui credo.
Se cambiare ciò che faccio (usare la macchina) mi venisse facilitato (ecco il nudge) le probabilità di switchare verso la bici o i mezzi pubblici salgono. E qui potrei riempirvi di vagonate di storie sulla mobilità alternativa da spingere con tecniche nudge e di cui tanto ho scritto.
Attualmente Anna Castiglione nel suo dipartimento sta lavorando SU COME AIUTaRE A CAPIRE E COME SPINGERe le persone AD AGIRE vincendo la passività di un sapere che da astratto deve diventare attivo.
E lo stanno facendo attraverso più studi finalizzati a comunicare meglio le ragioni per cui serve un cambiamento, comprendere le preoccupazioni e le opinioni per intervenire meglio sulla comunicazione, come tradurre l’ansia climatica in azione, come addestrare le persone ad organizzare mobilitazioni ampie nei campus universitari in primis e infine capire cosa sostiene gli attivisti per il clima e cosa li allontana e li fa desistere.
Sono tutti spunti preziosi e ci auguriamo che Anna Castiglione ci faccia conoscere tra un po’ di mesi gli avanzamenti di questi progetti.