Ottobre 8, 2024 Irene Ivoi

Contenitori riutilizzabili per cibo take-away: pubblica amministrazione e cittadini all’appello!!

Abbiate pazienza ma non riesco a resistere alla tentazione di unire un po’ di puntini (notizie che mi passano sotto gli occhi) e tornare quindi a parlare di contenitori riutilizzabili, invece che monouso, quando compriamo e consumiamo cibo pronto da consumare.

In questo blog già un po’ di mesi fa abbiamo parlato di una sperimentazione in Germania presso diverse catene del food che si è ispirata al nudge, mentre è del mese scorso la notizia che la famosa Tupperware, che ai nati dagli anni ’90 in poi sembrerà il nome di un chewing-gum, fallisce.

Com’è possibile che un’impresa, finita nel dimenticatoio per decenni, vada in malora proprio ora? Al sorgere di una nuova attenzione per schiscette e cibo da asporto in contenitori di proprietà. Temo però che la vicenda Tupperware sia particolarmente complessa ed è meglio non addentrarsi con analisi approssimate.

In Italia non posso non registrare a proposito di aiuti ai riutilizzabili:

  • Un decreto del MASE in GU n.116 del 20 maggio 2024 teso a sostenere economicamente con modalità a fondo perduto le imprese che fanno prodotti alternativi a quelli in plastica monouso (cicli produttivi che cambiano, acquisto di macchinari, attrezzature, licenze, ecc),
  • L’impegno di Regione Emilia Romagna che ha stanziato e stanzia incentivi per le pubbliche amministrazioni che concretizzano progetti o sperimentazioni pro riutilizzabili
  • L’impegno della Regione Friuli, ma non destinato solo ai riutilizzabili.
  • L’offerta a prezzi calmierati di lavastoviglie itineranti muniti di kit di stoviglie della provincia di Bolzano per chi organizza feste paesane.

Queste spinte da parte delle pubbliche amministrazioni sono fondamentali visto che in Italia è consentito portare i propri contenitori riutilizzabili da casa per acquistare prodotti alimentari sfusi ma l’applicazione di tutto ciò è resa farraginosa dal possibile rifiuto da parte dell’esercente, che quindi rende necessario un protocollo sanitario in accordo con l’ASL competente.

Il ruolo del pubblico sembra convincere anche Zero Waste Europe che, nel nuovo report intitolato Facilitating the adoption of takeaway reuse systems, sostiene che il contributo delle autorità pubbliche sia sostanziale.

Senza dimenticare, a proposito di interventi da parte delle autorità, che questo movimento di attenzione intorno al riutilizzabile trova un appiglio anche nel regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (PPWR) di prossima uscita che introduce un requisito secondo cui, dal 2030, i distributori finali (quindi il circuito ho.re.ca) dovranno impegnarsi a offrire il 10% dei prodotti alimentari e bevande da asporto in imballaggi riutilizzabili.

A tale scopo viene in aiuto un esempio, segnalatomi da Silvia Ricci, a cura del Comune di Parigi e che, per più di un motivo, reputo un nudge, in quanto ispirato ai principi della spinta gentile. Serve però fare una premessa: in Francia la legge del 10 febbraio 2020, nota come “legge AGEC”, vieta già dal 1° gennaio 2023 l’utilizzo di contenitori non riutilizzabili per la ristorazione in loco e prevede che, entro il 2027, per l’asporto almeno il 10% degli imballaggi sia riutilizzabile.

 

Il Comune propone allora al circuito ho.re.ca. un kit di informazioni particolarmente intelligente perché costituito da:

– una guida con tutte le soluzioni e i finanziamenti disponibili. Stiamo quindi parlando di opzione noleggio oppure acquisto  per una ricca serie di item (bicchieri, contenitori per pizze e di altri formati per svariati tipi di cibo), e poi che genere di riconsegna prevedere (se cauzionata subito con restituzione del denaro all’atto della restituzione oppure tramite dispositivi elettronici che bloccano la cauzione e poi la prelevano solo in caso di mancata restituzione), e poi quali contenitori/casse/altro scegliere per depositare i contenitori restituiti, e infine che lavaggio scegliere (interno o esterno) con indicazione degli operatori che in città svolgono questo servizio. Tutte queste opzioni sono anche quotate economicamente al fine di ridurre incertezze date dal non sapere a quali costi si va incontro. Ma non finisce qui. Il comune offre la possibilità di effettuare test di tre mesi scegliendo delle opzioni stile catalogo e indica anche alcuni locali che hanno già scelto il riutilizzabile, con indirizzo e persino il nome di un contatto (con email) a cui rivolgersi per scambi e confronti. E per concludere la lista degli aiuti economici disponibili per chi ha bisogno di acquistare attrezzature, ecc.

– un elenco di operatori (sette) che offrono in città contenitori da comprare ed anche servizi di raccolta e lavaggio

– un elenco di operatori presenti in città che per eventi one shot noleggiano (e lavano) vari formati di contenitori riutilizzabili con le loro tariffe economiche, sempre per ridurre possibili dubbi sui costi.

un indirizzo email a cui segnalare la propria offerta e disponibilità a ritirare contenitori riutilizzabili, e quindi riutilizzati, per esser così collocati su una mappa online e ricevere anche vetrofanie per segnalare la propria adesione. Questo ci dice che il Comune investe nella comunicazione e garantisce a tutti i partecipanti una visibilità che loro non dovranno mettere in scena con mezzi propri.

La costruzione di questa proposta è molto interessante e ingaggiante perché mette gli operatori della vendita nelle condizioni di farsi un’idea molto precisa su come passare dall’intenzione all’azione, riduce i dubbi e solletica il loro interesse. E voi che seguite il nudge, sapete bene che questo tipo di comunicazioni capaci di offrire soluzioni e non solo motivazioni può fare la differenza.

Sarà interessante capire nel tempo come evolve l’offerta di questi contenitori e se noi cittadini saremo disposti a farne uso perché sensibilizzati e soprattutto messi nelle condizioni migliori per agire.

Ci toccherà tornare presto a Parigi  🇫🇷  🇫🇷 (e non ci dispiace) per verificarlo  📌 📌

 

 

Foto di: Nils Jorgensen

Irene Ivoi

Mi sono laureata in industrial design con una tesi di economia circolare nel 1992. L’economia circolare in quel tempo non esisteva ma le ragioni per cui avrebbe dovuto esistere mi erano chiarissime. E per fortuna sono state la mia stella polare. Da sempre progetto strategie, comunicazioni, azioni, comportamenti ispirati ad un vivere più ricco di buon senso e con meno rifiuti.