Chi mi conosce sa che spesso mi capita di dire che non credo alle coincidenze.
Questa che vi snocciolo adesso è sublime.
Un mese fa, scelgo su Netflix (l’adesione a Netflix è un output della pandemia) di vedere Maid, una serie di poche puntate, leggera, curiosa che racconta la storia di una fanciulla, quasi troppo deliziosa per esser vera, che, per vicissitudini non allegre e prendersi quindi cura della figlia, accetta di fare le pulizie nelle case.
Questo le apre diversi mondi, compreso incrociare una famiglia di disposofobici (chissà che non si possa fare qualcosa anche con il nudge per curarli). Tuttavia ciò che mi ha colpito è il fatto che nelle sue peregrinazioni trascorre dei periodi in un centro di accoglienza per mamme sole che mette loro a disposizione tante utilità e pure vestiti usati.
E fin qui nulla di nuovo o eccitante.
Ma il bello è che ad essi si accede facendo un’esperienza di shopping vero ma “finto”.
Cioè non entri in un mondo disordinato o umiliante, bensì perfetto: un negozio pulito, curato, con cartellini, etichette, registratori di cassa, carrellini ecc.
Pensai : FANTASTICO!!
È così che dovrebbe funzionare un’economia del dono.
Passiamo all’oggi: Pochi giorni fa a Torino, per un evento del festival del riuso di cui ero ospite per parlare di fashion da ripensare, conosco Elisa Valenti di ProgettoAbito.
E scopro, attraverso le sue parole, che ProgettoAbito quando dona abiti lo fa proponendo un’esperienza di shopping vera. Come in MAID!
Perché l’inclusione e la lotta alla povertà si vincono anche con la qualità, la gentilezza, la bellezza.
Mettere in piedi quindi una donazione esperienziale incoraggia chi riceve e spinge chi dona.
È un nudge! Che agisce sul bias della norma sociale, si attua con una modifica del contesto (il mio ingrediente preferito) e FUNZIONA.
Dimenticavo ….a proposito di donazioni, se avete abbigliamento usato sportivo e non elegante qui tutte le indicazioni per scegliere ProgettoAbito.